In questo articolo esploreremo l’importanza della prima udienza e dell’ascolto del minore, analizzando il quadro normativo, il ruolo dei professionisti coinvolti e le strategie utili per garantire che il bambino o l’adolescente sia davvero parte attiva del processo, senza subire ulteriori traumi.
La prima udienza in un procedimento che coinvolge un minore rappresenta un momento cruciale non solo per il percorso giudiziario, ma anche per la tutela dei diritti e del benessere del bambino o dell’adolescente. In questa fase, l’ascolto del minore è un elemento cardine: un diritto sancito a livello nazionale e internazionale, volto a garantire che la sua voce venga considerata nelle decisioni che lo riguardano.
L’ascolto del minore non è solo un atto formale, ma un processo che richiede competenza, sensibilità e attenzione, poiché consente di raccogliere elementi fondamentali per comprendere le sue esigenze, i suoi desideri e le sue paure. Tuttavia, affinché questo momento risulti efficace e rispettoso della delicatezza della situazione, è necessario che venga condotto in modo adeguato, nel pieno rispetto della normativa vigente e delle migliori prassi psicologiche e giuridiche.
Il quadro normativo: la tutela dei diritti del minore
La partecipazione del minore nei procedimenti giudiziari che lo riguardano è un principio sancito a livello internazionale e nazionale. La Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti del Fanciullo (1989), ratificata dall’Italia nel 1991, stabilisce all’articolo 12 che ogni minore ha il diritto di esprimere liberamente la propria opinione su tutte le questioni che lo riguardano, e che tale opinione deve essere presa in considerazione in relazione alla sua età e maturità. Questo principio è stato recepito nell’ordinamento italiano attraverso il Codice Civile e il Codice di Procedura Civile, che prevedono specifiche disposizioni per garantire il diritto all’ascolto del minore.
In particolare, l’articolo 336-bis del Codice Civile stabilisce che il giudice, prima di adottare provvedimenti che riguardano un minore, debba ascoltarlo personalmente, salvo che ciò sia manifestamente contrario al suo interesse. Questa disposizione non solo attribuisce rilevanza alla volontà del minore, ma lo riconosce come soggetto attivo del procedimento, dotato di diritti autonomi e non semplicemente oggetto di tutela.
Il ruolo della prima udienza
La prima udienza in un procedimento che coinvolge un minore è un momento delicato e cruciale. In questa fase, il giudice raccoglie le prime informazioni rilevanti e stabilisce le modalità procedurali per garantire un processo equo e rispettoso dei diritti di tutte le parti coinvolte. Quando il minore è parte interessata, è fondamentale che il giudice predisponga con cura l’ascolto, tenendo conto delle esigenze specifiche del caso.
A cosa serve la prima udienza?
La prima udienza rappresenta spesso l’occasione per:
- Definire il quadro generale della controversia;
- Individuare eventuali situazioni di rischio o vulnerabilità del minore;
- Decidere se avvalersi di consulenti tecnici, come psicologi o assistenti sociali, per supportare l’ascolto o approfondire aspetti specifici.
COME VIENE ASSICURATA LA PARTECIPAZIONE DEL MINORE ALLE PROCEDURE GIUDIZIARIE?
Il diritto alla partecipazione del minore alle procedure giudiziarie che lo riguardano si si attua attraverso l’istituto dell’ascolto. Si tratta di un istituto non univocamente delineato nella normativa italiana, il quale assume caratteristiche diverse a seconda del procedimento giudiziario e del ruolo del minore e che viene man mano interpretato dalla giurisprudenza della Corte Costituzionale e della Suprema Corte.
L’ascolto del minore ha assunto un peso via via crescente nella normativa italiana a partire dal recepimento nel sistema normativo italiano delle norme internazionali ed europee in materia.
Infatti, forte impulso è da attribuire alla ratifica della Convenzione ONU sui diritti del bambino con la Legge di ratifica n. 176 del 1991, ma anche alla L. n. 77 del 2003, che ha ratificato la Convenzione di Strasburgo sull’esercizio dei diritti dei minori. Inoltre, rivestono particolare importanza le fonti giuridiche vincolanti UE come la Carta dei diritti fondamentali (CDFUE) e altri atti come Direttive e Regolamenti.
Al fine di ricostruire l’istituto, occorre guardare alle competenze sia del Tribunale Ordinario che del Tribunale per i Minorenni, nonché alla materia civile ed anche a quella penale.
L’ascolto del minore in ambito civile
L’ascolto del minore, nell’ambito delle procedure civili, è previsto dall’articolo 315 bis terzo comma del Codice civile, il quale stabilisce diritti e doveri dei figli. L’articolo prevede l’obbligo dell’ascolto del minore che abbia compiuto gli anni 12, o di età inferiore, in base alla capacità di discernimento in tutte le questioni e procedure che lo riguardano.
Prima dell’introduzione dell’articolo 315 bis, il codice civile contemplava già l’ascolto del minore in diversi articoli, tra cui: art. 145 disaccordo dei coniugi, art. 250 riconoscimento del figlio e art. 371.1 decisioni del giudice tutelare.
Un’elencazione sintetica delle procedure civili per le quali è previsto l’ascolto del minore ricomprende:
- Procedure davanti al Tribunale Ordinario: separazione e divorzio (L. n. 898 del 1970, L. n. 54 del 2006) e giudizi ex art. 316 c.c. (controversie sulle responsabilità genitoriali dei genitori non coniugati). In tali procedimenti, i minori sono portatori di interessi contrapposti o diversi da quelli dei genitori ed è quindi necessario procedere con l’ascolto, pur non essendo il minore parte processuale ma bensì il soggetto al centro del giudizio. L’ascolto è quindi finalizzato a garantire il diritto di esprimere bisogni e desideri e il diritto di essere informato dal giudice sui termini della controversia. Per tali procedure, l’ascolto non può essere finalizzato ad acquisire elementi istruttori, e quindi il minore non può essere considerato come testimone.
- Procedure davanti il Tribunale per i Minorenni: responsabilità genitoriale (ex de potestate artt. 330–333 c.c.), dichiarazione dello stato di adottabilità e procedure di adozione nazionale (l. 183 del 1984). In tali frangenti, l’ascolto del minore è un concetto particolarmente ampio, in quanto destinato alla valutazione della situazione evolutiva dello stesso, al fine di una decisione conforme all’interesse preminente del bambino o ragazzo.
Per quanto riguarda le procedure sulla responsabilità genitoriale, l’articolo 336 bis c.c. prevede che il minore che ha compiuto gli anni dodici e anche di età inferiore, ove capace di discernimento, sia ascoltato dal presidente del tribunale o dal giudice delegato. Se l’ascolto è in contrasto con l’interesse del minore, o manifestamente superfluo, il giudice può non procede.
L’articolo 336 bis c.c. prosegue dando una serie d’indicazioni sulle modalità di realizzazione dell’ascolto: deve essere condotto dal giudice, anche avvalendosi di esperti o di altri ausiliari; genitori, difensori delle parti, curatore speciale del minore ed il pubblico ministero sono ammessi a partecipare all’ascolto se autorizzati; prima di procedere all’ascolto il giudice informa il minore della natura del procedimento e degli effetti dell’ascolto; viene redatto processo verbale nel quale è descritto il contegno del minore, ovvero è effettuata registrazione audio video.
Inoltre, secondo la legge n. 184 del 1983, il minore deve essere sentito nei seguenti casi: affidamento familiare consensuale ed eventuale proroga giudiziale, dichiarazione di adottabilità, affidamento preadottivo, decisione di adozione. In quest’ultimo caso il minore quattordicenne deve dare il proprio consenso all’adozione.
Perché è importante ascoltare il minore?
L’ascolto del minore è un momento fondamentale per comprendere le sue esigenze, i suoi desideri e le sue preoccupazioni. Perché sia efficace, deve essere condotto in modo appropriato, rispettando il diritto del bambino a esprimersi senza pressioni o timori.
1. La preparazione dell’ascolto
Il giudice deve creare un ambiente sereno e accogliente, in cui il minore possa sentirsi al sicuro. Spesso, si ricorre a spazi appositamente dedicati, lontani dalla formalità delle aule di tribunale, per ridurre il carico emotivo. Inoltre, è essenziale che il giudice o il professionista incaricato dell’ascolto possieda competenze specifiche in ambito psicologico e pedagogico.
2. Il coinvolgimento dei professionisti
L’ascolto del minore è spesso supportato da consulenti tecnici, come psicologi o assistenti sociali, che possono facilitare il dialogo e interpretare correttamente le emozioni e le parole del bambino. Questi esperti forniscono anche indicazioni utili al giudice per valutare la maturità del minore e il contesto in cui vive.
3. La centralità del minore nel processo decisionale
Il diritto all’ascolto non implica che la volontà del minore sia automaticamente determinante, ma che venga considerata come uno degli elementi fondamentali nella decisione del giudice. Questo equilibrio è cruciale per garantire che il minore sia protetto da pressioni esterne e, al contempo, che la sua opinione non sia ignorata.
Nonostante l’importanza dell’ascolto del minore, la sua applicazione pratica presenta diverse sfide. Tra queste, la difficoltà di bilanciare il diritto del minore a essere ascoltato con la necessità di proteggerlo da eventuali traumi o pressioni. Inoltre, l’efficacia dell’ascolto dipende anche dalla formazione e dalla sensibilità dei professionisti coinvolti.
Tra le buone prassi, si segnalano:
- La predisposizione di protocolli standardizzati per l’ascolto;
- L’utilizzo di linguaggi adeguati all’età del minore;
- La formazione continua dei giudici e degli altri operatori del diritto in materia di psicologia dell’età evolutiva.
Cosa è cambiato nell’ascolto del minore alla luce della riforma Cartabia?
La recente riforma Cartabia sul processo civile e penale attribuisce una generale portata all’ascolto del minore, il quale vanta un vero e proprio diritto di esprimere il suo pensiero in tutte le questioni e le procedure volte ad incidere nella propria sfera individuale.
Tra le novità introdotte, una delle principali riguarda, innanzitutto, la previsione che stabilisce di tener conto di quanto espresso dal minore, avuto riguardo alla sua età e al suo grado di maturità e ciò in attuazione di quanto previsto a livello sovranazionale.
Il diritto del minore di esprimere la propria opinione è oggetto di armonizzazione europea
Gli articoli 473-bis.4 e 473-bis.5 c.p.c. disciplinano, infatti, l’istituto dell’ascolto del minore ereditando il portato della giurisprudenza di legittimità che ha predisposto un codice dell’audizione dei bambini a uso forense.
Il “Diritto del minore di esprimere la propria opinione” è ormai oggetto di armonizzazione europea ai sensi dell’art. 21, Reg. UE n. 1111 del 2019 e rappresenta l’istituto cardine dei procedimenti minorili.
La disciplina odierna presenta, tuttavia, differenze sostanziali rispetto alla precedente, in senso migliorativo.
In primo luogo, i casi di esclusione motivata dell’audizione sono, ora, ben tipizzati nel secondo comma dell’art. 473-bis c.p.c.:
1) l’ascolto è in contrasto con l’interesse del minore;
2) l’ascolto è manifestamente superfluo;
3) sussiste una ipotesi di impossibilità fisica o psichica del minore;
4) il minore manifesta la volontà di non essere ascoltato.
Ci sono dei casi in cui l’audizione del minore deve essere esclusa?
L’esclusione dell’ascolto in caso di “rifiuto” del bambino costituisce l’adesione all’orientamento che era stato espresso sul punto dalla giurisprudenza di merito.
Si era affermato, infatti, che “l’audizione del minore deve essere esclusa dove il fanciullo, prossimo a divenire maggiorenne (cd. grand enfants) comunichi, anche tramite i suoi genitori il proprio rifiuto all’ascolto. Accertato che il rifiuto è pacifico, dovendosi altrimenti accertarne la veridicità, è contrario all’interesse del fanciullo ricercare ostinatamente di assumere la sua opinione: come tutti i diritti, ferma la titolarità, il concreto esercizio passa anche per un atto di volontà del fanciullo. Peraltro, non rispettare il rifiuto del minore rappresenterebbe un’aporia logica prima che giuridica” (Trib. Milano, sez. IX civ., 21 febbraio 2014).
C’è poi una disposizione ad hoc per le ipotesi di accordo dei genitori.
L’art. 473-bis.4, terzo comma, introduce, infatti, una disposizione ad hoc per le ipotesi di accordo dei genitori: in questi casi, “il giudice procede all’ascolto soltanto se necessario”.
Questa norma mira a tutelare l’interesse del minore a non essere ulteriormente esposto a possibili pregiudizi derivanti dal rinnovato coinvolgimento emotivo nelle questioni relative alla rottura del nucleo familiare, qualora il giudice prenda atto dell’accordo tra i genitori e ritenga non indispensabile procedere all’ascolto.
Tale disposizione abroga quanto previsto dall’articolo 337-octies del Codice civile, secondo cui nei procedimenti in cui si omologa o si prende atto di un accordo dei genitori, relativo all’affidamento dei figli, il giudice deve sempre procedere all’ascolto, salvo che ciò appaio in contrasto con l’interesse del minore o manifestamente superfluo.
Chi provvede all’ascolto del minore e quali modalità utilizza?
L’audizione del minore non può essere delegata dal giudice relatore ad altri soggetti, neanche ai giudici onorari: l’ascolto del minore è dunque condotto direttamente dal giudice.
Tuttavia, questi deve farsi assistere da esperti: non si tratta di una scelta discrezionale o arbitraria, ma di un vero e proprio dovere. Quando, infatti, le sue conoscenze non sono in grado di rispondere al bisogno di tutela e alla postulazione di giudizio, il giudice può e deve incaricare un esperto.
Quanto alle modalità dell’ascolto, l’articolo 473 – bis. 5. c.p.c. dispone che devono essere tali da assicurare la serenità e riservatezza del minore. Da ciò deriva che i genitori difensori e il curatore speciale possono assistere all’audizione solo previa autorizzazione del giudice.
Esistono, infatti, due tipi di audizione del minore:
- l’ascolto diretto, ossia, quello svolto dal giudice;
- l’ascolto assistito, ossia quello in cui l’audizione avviene con l’assistenza di un esperto in psicologia o psichiatria infantile.
Il giudice deve procedere in ogni caso alla video registrazione della sua audizione e, laddove non sia possibile procedere con questa modalità, bisogna redigere apposito verbale dell’ascolto ove dettagliatamente descrivere il contegno del minore.
IN CONCLUSIONE
La prima udienza e l’ascolto del minore rappresentano momenti di grande responsabilità per tutti gli operatori coinvolti. Garantire che la voce del minore sia ascoltata e rispettata è un passo fondamentale per promuovere un sistema giudiziario che metta al centro la tutela dei diritti dell’infanzia. Solo attraverso un approccio sensibile e competente è possibile assicurare che il minore sia non solo protetto, ma anche valorizzato come protagonista della propria vita.
Le decisioni prese in questa fase non riguardano solo il presente, ma possono influenzare profondamente il futuro del minore. Per questo motivo, è essenziale che ogni passo del procedimento sia improntato al rispetto, alla comprensione e alla valorizzazione della sua individualità. La capacità di ascoltare davvero un minore e di cogliere il senso profondo delle sue parole è una sfida che richiede formazione, esperienza e sensibilità, ma è anche la chiave per costruire un percorso giudiziario che tuteli il suo benessere e la sua crescita. Solo attraverso un lavoro di squadra tra giudici, consulenti tecnici e famiglie è possibile raggiungere decisioni equilibrate, che mettano al centro il vero interesse del minore.
I punti più importanti di questo argomento sono stati affrontati, ma TU che hai letto fin qui, sicuramente meriti maggiori risposte rispetto al tuo caso. Se hai bisogno di assistenza e consulenza nel diritto di famiglia contattaci via email o via WhatsApp. Di seguito troverai tutti i recapiti di cui hai bisogno.
Avv. Francesco Frezza
Via Ambra, 481038 Trentola Ducenta (Caserta)