Nell’ambito delle separazioni e dei divorzi, uno degli aspetti più delicati e spesso dibattuti è quello dell’assegno di mantenimento. Tra le varie forme di sostegno economico che possono essere stabilite dal giudice, l’assegno di mantenimento una tantum rappresenta una soluzione particolare e, in molti casi, vantaggiosa per entrambe le parti coinvolte.
Ma di cosa si tratta esattamente? Come funziona e quali sono i suoi vantaggi e svantaggi?
In questo articolo esploreremo tutti gli aspetti relativi all’assegno di mantenimento una tantum e di quello divorzile, offrendo una panoramica completa per coloro che stanno affrontando una separazione o un divorzio e cercano informazioni chiare e precise su questo argomento.
L’assegno di mantenimento una tantum è una forma di sostegno economico che viene erogata una sola volta a favore di uno dei coniugi a seguito di una separazione o di un divorzio. Questo tipo di assegno rappresenta una soluzione alternativa all’assegno periodico, offrendo una liquidazione immediata anziché un contributo mensile continuo. La finalità di questo tipo di assegno è di consentire al coniuge beneficiario di riassestare la propria situazione economica e riprendere una vita autonoma senza dover dipendere mensilmente dall’ex coniuge.
In casi pratici, l’assegno una tantum è spesso scelto quando uno dei coniugi ha la possibilità di liquidare immediatamente una parte consistente del proprio patrimonio, come avviene spesso in situazioni di grande disponibilità economica o in presenza di accordi pre-matrimoniali che prevedano tale forma di sostegno.
Ci sono delle differenze tra l’assegno di mantenimento una tantum e quello divorzile?
Nella separazione dei coniugi (moglie-marito) è ammesso il mantenimento in unica soluzione (c.d. una tantum) se marito e moglie sono d’accordo. I coniugi possono accordarsi per risolvere le questioni patrimoniali con un’unica corresponsione di una somma di denaro o di beni determinati. La disciplina, però, è diversa rispetto a quella stabilita nell’ambito del giudizio di divorzio.
L’art. 5 della Legge sul Divorzio n. 898/1970 prevede due modalità alternative di assoluzione dell’obbligo di assistenza del coniuge avente diritto: la corresponsione periodica di una somma, assegno divorzile, ovvero la corresponsione in un’unica soluzione di una somma, definita una Tantum.
Il ricorso a questa seconda modalità viene spesso sollecitata dai Giudici in occasione della prima udienza presidenziale nonché, in determinati casi, consigliata anche dagli avvocati al fine di individuare una soluzione che permetta la definizione, in via anticipata e definitiva, di ogni pretesa nascente dal vincolo matrimoniale che possa convenire tanto al coniuge obbligato quanto a quello beneficiario.
Perché per il coniuge obbligato è conveniente questo tipo di soluzione?
Per il coniuge obbligato, è conveniente perché, una volta per tutte, l’Una Tantum mette fine ad ogni contenzioso economico che lo vede contrapposto all’altro coniuge, sottraendolo, per il futuro, al rischio di ulteriori pretese economiche da parte dell’ex coniuge nonché chiude ogni questione relativa alla successione, non vantando l’ex coniuge diritti sull’eredità.
Il beneficiario, da parte sua, riceve una somma esentasse e non si espone al rischio di inadempimento della controparte in caso di corresponsione periodica e di infruttuose procedure esecutive.
Quali sono le peculiarità dell’Una Tantum dell’assegno divorzile?
Innanzitutto, la corresponsione Una Tantum dell’assegno divorzile può avvenire solo su accordo tra le parti, a differenza dell’assegno divorzile periodico che può essere oggetto tanto di accordo quanto può essere imposto dal Giudice, una volta accertata la sussistenza di tutti i requisiti indicati dalla legge alla luce della recente interpretazione della giurisprudenza della Corte di Cassazione.
L’oggetto dell’Una Tantum può consistere tanto in una somma di denaro (corrisposta anche in modo rateale) quanto in trasferimenti immobiliari, anche di una quota di un bene immobile in comune, beni mobili iscritti in pubblici registri o altri beni. I trasferimenti immobiliari in esecuzione di accordi recepiti nella sentenza di divorzio (come, del resto, nel verbale omologato di separazione consensuale) sono esenti da qualsiasi tassa e imposta di bollo, di registro ed ipocatastale.
Attraverso l’Una Tantum, il coniuge obbligato estingue una volta per tutte l’obbligo assistenziale nei confronti dell’altro, con preclusione, per il futuro, di ogni successiva domanda di contenuto economico. Attraverso tale modalità, infatti, i coniugi decidono di definire le pretese reciproche senza, poi, la possibilità in futuro di rivedere le condizioni nemmeno in caso di peggioramento delle condizioni economiche del coniuge beneficiario. A seguito dell’Una Tantum, quindi, il coniuge beneficiario non potrà svolgere in futuro domanda per l’assegno divorzile, nemmeno nel caso in cui vi sia lo stato di bisogno, neppure gli alimenti – non essendo più coniugi non vi è l’obbligo per gli ex coniugi di provvedervi.
Non solo, una volta definita l’Una Tantum, il soggetto avente diritto perde anche il diritto alla quota della pensione di reversibilità in caso di decesso dell’ex coniuge, perde il diritto al Trattamento di Fine Rapporto e all’assegno successorio, se sussistenti i presupposti.
Proprio con riferimento alla pensione di reversibilità, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione con sentenza del 24 settembre 2018, n. 22434 hanno affermato che, “ai fini del riconoscimento della pensione di reversibilità in favore del coniuge nei cui confronti è stato dichiarato lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, la titolarità dell’assegno deve intendersi come titolarità attuale e concretamente fruibile dell’assegno divorzile, al momento della morte dell’ex coniuge, e non già come titolarità astratta del diritto all’assegno divorzile che è stato in precedenza soddisfatto con la corresponsione in un’unica soluzione”.
Cosa accade per quanto riguarda il regime fiscale dell’Una Tantum?
Anche il regime fiscale a cui l’Una Tantum è assoggettata è differente rispetto a quello previso per gli assegni periodici: se questi ultimi sono deducibili ai fini Irpef dal reddito dell’obbligato e sono tassati quali redditi assimilabili a lavoro dipendente per il percipiente, l’Una Tantum non è deducibile per chi la corrisponde, mentre è completamente esentasse per il coniuge che la riceve.
Come si calcola l’Una Tantum?
Essendo esclusivamente oggetto di accordo tra le parti, la legge nulla dice in merito alla quantificazione dell’Una Tantum limitandosi a precisare che il Giudice del divorzio ha il potere di valutare l’equità della corresponsione della somma, considerate le condizioni delle parti.
Benché non vi sia un criterio matematico applicabile a tutte le fattispecie dovendosi, come in ogni ambito del diritto di famiglia, procedere alla valutazione di una serie di elementi concreti e tipici di ogni situazione, è prassi nei Tribunali italiani utilizzare il c.d. metodo “moltiplicatorio” che consiste nel moltiplicare l’assegno mensile percepito nella fase di separazione (verosimilmente confermato in sede di divorzio) per un numero di anni corrispondenti all’aspettativa di vita residua del beneficiario.
CARATTERISTICHE E RISCHI DELL’ASSEGNO IN UNICA SOLUZIONE
Tornando a parlare dell’assegno di mantenimento Una Tantum dobbiamo ricordare come questo sia regolato dalla legge sul divorzio perché poteva essere previsto solo nelle procedure di scioglimento del matrimonio su domanda congiunta. Da qualche tempo, anche in sede di separazione consensuale, alcune coppie si sono accordate in tal senso sperando di risolvere in via definitiva le pretese di mantenimento del coniuge più debole.
Un patto simile deve essere preventivamente controllato dal Giudice che omologa la separazione consensuale e, nel caso in cui sia ritenuto congruo, può essere ammesso.
Tuttavia è bene precisare che l’una tantum in fase di separazione non sarà immodificabile come quello previsto in sede di divorzio perché il coniuge beneficiario potrà chiedere una modifica delle condizioni di separazione, nel caso di variazione del suo stato economico o dell’altro coniuge e, inoltre, potrà ottenere la rinegoziazione di tutti gli accordi al momento del divorzio.
Le parti, quindi, devono essere opportunamente consigliate sulla convenienza di giungere ad una simile scelta perché potrebbero erroneamente pensare di definire in maniera non modificabile la loro situazione patrimoniale. Dovrà essere svolta un’attenta disamina delle condizioni economiche per comprendere l’effettiva convenienza di un trasferimento in unica soluzione al fine di evitare di trovarsi impreparati in prospettiva futura.
Assegno divorzio una tantum tassazione: Indeducibilità dal reddito di chi lo corrisponde
Una delle questioni fondamentali riguardanti l’assegno divorzile una tantum è la sua indeducibilità dal reddito del soggetto obbligato.
Tale indeducibilità è un effetto che si desume indirettamente dalla formulazione dell’art. 10, comma 1, lettera c) del DPR n. 917/1986. Secondo questa disposizione, sono deducibili dal reddito complessivo del contribuente “gli assegni periodici corrisposti al coniuge, ad esclusione di quelli destinati al mantenimento dei figli, in conseguenza di separazione legale ed effettiva, di scioglimento o annullamento del matrimonio o di cessazione dei suoi effetti civili, nella misura in cui risultano da provvedimenti dell’autorità giudiziaria.”
Dalla norma si evince chiaramente che solo l’assegno divorzile periodico è deducibile, mentre per quello corrisposto in modalità una tantum non vi è alcuna menzione. Questa conclusione è stata specificata anche dalla Cassazione, che ha ribadito che solo l’assegno periodico è deducibile ai fini dell’applicazione dell’IRPEF (Imposta sul Reddito delle Persone Fisiche), escludendo quindi l’assegno divorzile una tantum.
Ma è considerato reddito per chi lo percepisce nel divorzio?
Un altro aspetto importante dell’assegno divorzile una tantum è che non costituisce un reddito per chi lo percepisce. La Cassazione ha sottolineato questa caratteristica, affermando che l’obbligazione tributaria riguardante la tassazione degli assegni periodici è limitata a tali importi assimilati a quelli di lavoro dipendente. In altre parole, gli assegni periodici sono soggetti a tassazione, mentre l’assegno divorzile una tantum non lo è.
La motivazione di questa differenza di trattamento risiede nella tutela dell’accipiens, ossia il coniuge che riceve l’assegno una tantum. Il legislatore ha scelto di non sottoporre tale importo a tassazione per proteggere il coniuge economicamente più debole. Al contrario, gli assegni periodici, essendo assimilati a redditi da lavoro dipendente, sono soggetti a tassazione, ma possono essere dedotti dal reddito di chi li corrisponde.
Tassazione Assegno divorzile una tantum: Non è necessario dichiararlo
Dopo aver chiarito gli aspetti fiscali dell’assegno divorzile una tantum, è importante affrontare un’ultima questione: chi percepisce tale assegno deve includerlo nella propria dichiarazione dei redditi?
La risposta è no. Contrariamente all’assegno divorzile periodico, l’assegno una tantum non deve essere dichiarato. Come abbiamo visto in precedenza, esso non costituisce reddito per chi lo riceve e, di conseguenza, non è soggetto a tassazione. Pertanto, non vi è alcun obbligo di includerlo nella dichiarazione dei redditi.
Normativa di Riferimento
In Italia, la regolamentazione dell’assegno di mantenimento una tantum è prevista dal Codice Civile. L’articolo 5 della Legge 1 dicembre 1970, n. 898 (modificato dalla Legge 6 marzo 1987, n. 74) stabilisce che il giudice può disporre, su richiesta di una delle parti, la corresponsione di una somma di denaro una tantum in luogo dell’assegno periodico.
Criteri di Assegnazione
Per determinare l’importo dell’assegno di mantenimento una tantum, il giudice tiene conto di vari fattori:
- Condizioni economiche di entrambe le parti: La capacità reddituale e patrimoniale di entrambi i coniugi.
- Durata del matrimonio: Un matrimonio di lunga durata può influenzare l’entità dell’assegno.
- Contributo alla vita familiare: Il contributo dato da ciascun coniuge alla gestione della casa e alla crescita dei figli.
- Eventuali responsabilità di cura: Presenza di figli minori o di altri familiari a carico.
Quali sono i vantaggi e gli svantaggi di questa forma di sostegno economico?
Vantaggi:
- Sicurezza finanziaria immediata: Il coniuge beneficiario riceve subito una somma significativa che può essere utilizzata per ricominciare una nuova vita.
- Chiarezza e semplicità: Si evita il prolungarsi di rapporti economici tra gli ex coniugi.
- Protezione da future modifiche: L’importo non è soggetto a variazioni nel tempo, a differenza dell’assegno periodico che può essere rinegoziato in base a cambiamenti nelle circostanze economiche.
Svantaggi:
- Rischio per il pagante: Il coniuge obbligato al pagamento deve disporre immediatamente della somma stabilita, il che può rappresentare un onere finanziario rilevante.
- Possibile inadeguatezza dell’importo: La somma una tantum potrebbe non essere sufficiente a coprire le necessità a lungo termine del coniuge beneficiario.
Conclusioni
L’assegno di mantenimento una tantum rappresenta una soluzione che, sebbene meno comune rispetto all’assegno periodico, offre una via alternativa per garantire un sostegno economico al coniuge più debole. È fondamentale valutare attentamente le proprie circostanze economiche e personali prima di optare per questa soluzione, eventualmente con il supporto di un consulente legale specializzato in diritto di famiglia. Attraverso una comprensione chiara di questa possibilità, è possibile gestire in modo più consapevole e sereno le conseguenze economiche della fine di un matrimonio.
Viene quindi ad essere un importante strumento per garantire il sostegno economico al coniuge nel contesto di una separazione o di un divorzio. Dal punto di vista fiscale, esso presenta alcune peculiarità significative. In primo luogo, l’assegno una tantum non è deducibile dal reddito di chi lo corrisponde, a differenza dell’assegno periodico. In secondo luogo, non costituisce reddito per chi lo percepisce e, pertanto, non è soggetto a tassazione.
È importante comprendere queste implicazioni fiscali al fine di adempiere correttamente agli obblighi e alle normative tributarie. Tuttavia, è sempre consigliabile consultare un professionista fiscale o un avvocato specializzato in diritto di famiglia per ottenere informazioni specifiche e consulenza personalizzata in base alla propria situazione.
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