Come abbiamo avuto modo di vedere, non è insolito che una relazione matrimoniale termini per problemi legati alle vicende più disparate: termina l’amore, la scoperta di un tradimento, l’incompatibilità caratteriale etc. Proprio in questi contesti è importante capire il ruolo che può svolgere l’assegno di mantenimento per il coniuge e quello per i figli. In questo articolo, focalizzeremo la nostra attenzione sul tema dell’assegno di mantenimento per i figli.
Assegno di mantenimento per i figli: cosa è?
L’assegno di mantenimento è un contributo finanziario, di solito mensile, obbligatorio in caso di separazione o divorzio, destinato al sostegno dei figli. Questo contributo è determinato da fattori come le esigenze del figlio, il reddito dei genitori, il tenore di vita pre-separazione e il tempo che hanno trascorso i figli con ciascun genitore. L’obbligo di mantenimento non viene meno dopo che i figli raggiungono la maggiore età, a meno che non siano economicamente autosufficienti.
Il genitore gravato del pagamento di tale assegno è generalmente quello al quale i figli non sono affidati o che comunque non ha la loro gestione in modo prevalente anche in caso di affido condiviso.
La misura dell’assegno di mantenimento dei figli o del figlio viene stabilita dai genitori in caso di accordo consensuale (fermo chiaramente il controllo del giudice) o fissata dal giudice: generalmente il contributo è proporzionato a seconda del tempo che il figlio passa con il genitore onerato e dalla differenza di capacità economica dei due genitori.
Sorge spontanea, a questo punto, una domanda. L’obbligo all’assegno vale sia per i figli nati nel matrimonio che per quelli nati fuori? Andiamolo a vedere insieme.
Con l’evoluzione del concetto di famiglia, non più espressamente fondata sul matrimonio, ma che si realizza anche con la convivenza di fatto o con le unioni civili, sono state necessarie una serie di modifiche legislative. Tra i principali riferimenti normativi per questa evoluzione vi è l’art. 30 della Costituzione, il quale sancisce un dovere generalizzato dei genitori di mantenere i figli, indipendentemente dal fatto che siano nati o meno all’interno del matrimonio.
Anche all’art. 315 bis c.c. si esplicitano una serie di diritti che sono riconosciuti al minore:
in primo luogo è ribadito il diritto ad essere mantenuto, educato, istruito e assistito moralmente dai genitori;
il diritto di crescere nella famiglia e a mantenere i rapporti affettivi con parenti, fratelli, nonni e zii;
il diritto ad essere ascoltato in sede giudiziaria, sulle procedure che riguardano lui, se ha compiuto almeno 12 anni di età, in casi eccezionali anche sotto suddetto limite di età, in base alle sue capacità cognitive.
L’assegno di mantenimento per i figli è, quindi, un elemento cruciale del diritto di famiglia italiano, che assicura che i figli non subiscano una riduzione nel loro tenore di vita a seguito della separazione o divorzio dei genitori. La legislazione italiana fornisce un quadro normativo dettagliato per garantire il sostegno economico adeguato ai figli, considerando attentamente le circostanze di ciascuna famiglia e promuovendo il benessere dei minori.
L’assegno di mantenimento ha solo la funzione di garantire il sostentamento della prole?
La funzione dell’assegno di mantenimento, secondo la giurisprudenza italiana, non è solo la copertura del costo vivo del mantenimento. I giudici italiani si sono spinti oltre rispetto alla previsione normativa, attribuendo all’assegno di mantenimento una funzione redistributiva della ricchezza: il minore deve poter godere dello stesso tenore di vita quando è con ciascuno dei coniugi, per cui al mero costo “di sopravvivenza” bisogna aggiungere una redistribuzione delle risorse destinate alle spese accessorie. In questo modo sarà necessario attuare un vero e proprio trasferimento di ricchezza dal coniuge più “ricco” a quello più “povero”.
Occorre procedere al mantenimento anche del figlio maggiorenne?
Il genitore che versa il mantenimento in favore del figlio (altresì definito genitore obbligato) non può sospendere il pagamento, nemmeno se i figli raggiungono la maggiore età. Nel caso in cui vengano meno i presupposti per il pagamento sarà il Giudice a stabilire se revocare o meno l’assegno. In particolare, per quanto riguarda i figli maggiorenni, l’obbligo al mantenimento si potrà ritenere cessato solamente nel momento in cui vi è una prova concreta che il figlio maggiorenne abbia raggiunto un’autosufficienza economica.
L’obbligo può cessare nel momento in cui il figlio maggiorenne raggiunge un’indipendenza economica tramite un lavoro tale da consentirgli uno stipendio e un sostentamento fisso. Vi è però un’eccezione: infatti, l’obbligo di mantenimento può cessare anche nel caso in cui il figlio maggiorenne non abbia ancora raggiunto l’indipendenza economica, ma vi è uno stato prolungato di inerzia del figlio o di rifiuto ingiustificato in relazione allo svolgimento di attività lavorative.
In altre parole, qualora il figlio rifiuti offerte lavorative senza giusta causa o non concluda il percorso di studi per disimpegno, il genitore potrà chiedere di revocare l’obbligo al pagamento dell’assegno di mantenimento per il figlio o i figli.
Per i figli maggiorenni portatori di gravi handicap vengono generalmente applicate le stesse regole che vengono applicate per i figli minori, salvo l’ipotesi in cui il figlio percepisca un’indennità o una pensione di invalidità: in quel caso il genitore potrebbe non essere più obbligato ad erogare l’assegno di mantenimento in favore del figlio (chiaramente valutando l’importo percepito, i costi necessari per il figlio, il reddito dei genitori, ecc.).
Abbiamo trattato temi molto importanti fino ad ora, ma non abbiamo ancora stabilito se ci sono e quali sono i parametri per calcolare l’ammontare dell’assegno di mantenimento. Vediamoli insieme.
Come si calcola l’assegno di mantenimento per i figli?
Per la quantificazione del mantenimento in favore dei figli, non vi sono criteri matematici prestabiliti.
Spetta al giudice decidere l’assegno di mantenimento per il figlio o i figli (in caso di separazione o divorzio giudiziale) o valutare l’adeguatezza di quello proposto dai genitori di comune accordo (nei giudizi consensuali).
Per il calcolo dell’assegno di mantenimento del figlio o dei figli rileveranno ad esempio:
- il reddito di ciascuno genitore;
- le esigenze del figlio (scuola, sport, ogni aspetto educativo della vita del bambino);
- il tenore di vita goduto precedentemente alla separazione;
- i tempi di permanenza del figlio presso ciascun genitore;
- le risorse economiche di entrambi i genitori e la valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascun genitore.
A tal proposito l’assegno può essere ridotto qualora il minore trascorra molto tempo con il genitore non collocatario e in alcuni casi addirittura sospeso nel periodo di permanenza presso l’altro genitore.
Come rileva la differenza tra spese ordinarie e straordinarie?
Generalmente l’assegno di mantenimento per il figlio o i figli è comprensivo delle spese ordinarie, vale a dire quei costi che i genitori si trovano a sostenere in via abituale.
Per contro, un tale mantenimento per il figlio o i figli non comprende le spese straordinarie, che generalmente vengono divise tra i genitori al 50% o con percentuali anche differenti nel caso in cui uno dei genitori abbia redditi inferiori rispetto a quelli dell’altro.
I vari protocolli in uso verso i vari Tribunali di solito indicano cosa è incluso e cosa non è incluso nell’assegno, prevedendo poi per le spese straordinarie modalità di accordo e rimborso.
Ci resta solo l’ultima questione da affrontare insieme. Dopo aver analizzato, infatti, le norme del codice civile e quelle della Costituzione che regolano l’istituto dell’assegno di mantenimento per i figli, vedremo l’aspetto fiscale dello stesso.
Aspetti fiscali relativi all’assegno di mantenimento figli
A differenza di quel che accade per l’assegno di mantenimento versato per un coniuge, quello in favore del figlio o dei figli non beneficia di detrazioni fiscali IRPEF. Per cui, il soggetto che versa la somma non può avere alcuna detrazione e il soggetto che la riceve non ha alcun obbligo di denunciarlo come reddito.
Come detto, lo stesso discorso non vale però per l’assegno in favore dell’(ex) coniuge. In questo caso infatti il c.d. coniuge obbligato potrà detrarre dal proprio guadagno l’importo dell’assegno, mentre il c.d. coniuge percipiente, dovrà includere l’importo percepito tramite assegno nella dichiarazione dei redditi: vi sarà pertanto una tassazione sull’importo versato a suo favore.
I punti più importanti di questo argomento sono stati affrontati, ma TU che hai letto fin qui, sicuramente meriti maggiori risposte rispetto al tuo caso. Se hai bisogno di assistenza e consulenza nel diritto di famiglia contattaci via email o via whatsapp. Di seguito troverai tutti i recapiti di cui hai bisogno.
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