Nel momento in cui un matrimonio finisce, l’aspetto più delicato da analizzare e le decisioni più difficili da prendere riguardano i figli minorenni.
Si devono fare i conti, infatti, con il fallimento di coppia, con promesse non mantenute, con obiettivi non raggiunti, con il risentimento e la frustrazione. Per questo motivo in alcuni casi marito e moglie non riescono a trovare punti d’incontro e danno vita a veri e propri scontri, nei quali la vendetta sembra diventare l’arma migliore.
Se i genitori non riescono ad avere un rapporto civile, le colpe non possono ricadere sui figli, per questo motivo la giurisprudenza ha previsto una serie di tutele per fare in modo che i minori non abbiano ripercussioni negative in seguito alla separazione dei coniugi.
Le normative di riferimento hanno, infatti, l’obiettivo di garantire al minore lo stesso tenore di vita che aveva durante il matrimonio dei genitori, e la stessa stabilità, incoraggiando un rapporto sano ed educativo con entrambi. Per questo motivo di regola viene stabilito l’affidamento condiviso, attraverso il quale sia la madre che il padre devono concorrere allo sviluppo psicofisico del figlio, portando avanti la bigenitorialità.
In ogni caso i bambini non possono essere continuamente trasferiti da una casa all’altra, quindi è necessario stabilire il cosiddetto genitore collocatario, presso il quale viene fissata la residenza del minore, e nella quale trascorre la maggior parte del tempo. Solitamente si tratta della dimora materna.
Il padre, che vive in un’altra abitazione, ha il diritto di visita, cioè la facoltà di potere vedere i figli, secondo quanto stabilito dal Giudice. In realtà non si tratta tanto di una possibilità concessa, quanto invece di un dovere per favorire la corretta crescita del figlio, evitando di procurargli danni di tipi emotivo.
Vediamo allora di affrontare l’argomento, cercando di capire cosa accade nel momento della separazione e come deve essere affrontata la questione del diritto di visita.
Il Diritto di Visita del Padre: cos’è
Esso consiste nel diritto del genitore non convivente (nella maggior parte dei casi il padre) di continuare a mantenere dei rapporti significativi con i figli. A tal fine, come accennato, vengono generalmente stabiliti sia i giorni, che le ore, che gli eventuali periodi di tempo prolungati che i minori trascorreranno con il genitore non collocatario.
Di solito, più il calendario è dettagliato, più è probabile che lo stesso venga effettivamente rispettato.
La Normativa Italiana
In Italia, il diritto di visita è regolato principalmente dagli articoli 337-ter e 337-quater del Codice Civile, introdotti dalla legge n. 54 del 2006 sulla “bigenitorialità”. Questa legge stabilisce che, anche in caso di separazione, entrambi i genitori devono continuare a esercitare la loro responsabilità genitoriale, garantendo al bambino il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno di essi.
Il principio cardine che guida il diritto di visita è l’interesse superiore del minore. Questo principio si traduce nella necessità di valutare attentamente le circostanze specifiche di ciascun caso, assicurando che le decisioni prese siano volte a proteggere il benessere emotivo, psicologico e fisico del bambino. Il giudice, nel determinare le modalità di visita, deve considerare vari fattori, tra cui l’età del bambino, le sue esigenze emotive e affettive, e la capacità del genitore non affidatario di provvedere alle sue necessità.
Come si esercita il diritto di Visita?
Il diritto di visita può essere esercitato in diversi modi, a seconda delle circostanze specifiche del caso e degli accordi tra i genitori. Generalmente, il giudice stabilisce un calendario che prevede visite regolari, fine settimana alternati, vacanze estive e festività. È possibile prevedere anche visite con pernottamento, a seconda dell’età del bambino e della sua capacità di adattamento.
Chi è che decide in merito all’affidamento dei figli? Quali tipi di affidamento ci sono?
Il giudice decreta l’affidamento. In particolare può stabilire:
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- l’affidamento condiviso: è la regola, e garantisce la cosiddetta bigenitorialità, attraverso la quale sia la madre che il padre hanno la facoltà di decidere per l’educazione e la vita del figlio.
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- l’affidamento esclusivo: disposto solamente nei casi in cui un genitore presenti una manifesta incapacità educativa o risulti essere pericoloso per una crescita sana del minore.
La legge vuole in ogni caso garantire una crescita serena ai bambini, attraverso un rapporto costante ed equilibrato con entrambi i genitori, anche se separati. In un certo senso lo scopo è quello di mantenere unita la famiglia che si è creata, indipendentemente dal fatto che il matrimonio sia finito.
Quali sono i casi in cui viene riconosciuto l’affidamento esclusivo?
L’affidamento esclusivo viene accordato solamente in presenza di fatti considerati gravi e pregiudizievoli, ad esempio:
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- comportamenti violenti
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- gravi problemi di salute mentale
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- carenze affettive, cioè non viene data la giusta cura al figlio in termini di educazione e mantenimento
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- uso di sostanze stupefacenti
E per l’affidamento condiviso?
Sebbene ci sia la cosiddetta “maternal preference” nello stabilire il collocamento, negli ultimi anni la giurisprudenza ha dato maggiore importanza al principio di bigenitorialità, scegliendo esclusivamente nell’interesse dei bambini. In questo senso la decisione non può essere fatta considerando solamente il genere maschile o femminile, ma valutando anche le reali risorse per fare crescere al meglio la prole.
Il nostro ordinamento tutela l’interesse del figlio e del genitore non collocatario a mantenere rapporti equilibrati e significativi.
A partire dalla riforma che ha interessato nel 2006 il diritto di famiglia, il nostro ordinamento pone come regola generale in caso di separazione dei coniugi con prole quella dell’affidamento condiviso.
Al diritto alla bigenitorialità dei figli, infatti, viene oggi riconosciuto un rilievo preminente e l’esercizio in comune della responsabilità genitoriale è considerato lo strumento migliore per garantire ai minori una crescita e un’educazione serene e adeguate.
L’affidamento condiviso, nella pratica, comporta che i figli, anche dopo la rottura del legame matrimoniale dei propri genitori, siano affidati sia alla madre che al padre e mantengano con entrambi dei rapporti equilibrati e significativi.
A tal fine, in sede di separazione, le parti o, in caso di mancato accordo, il giudice, dopo aver determinato il genitore con il quale i minori continueranno a convivere, stabiliscono anche i tempi e le modalità di presenza dei figli presso l’altro.
Frazionamento delle visite
Sebbene la legge non detti criteri precisi del diritto di visita, è chiaro che esso deve ispirarsi a principi di coerenza e buon senso allo scopo di tutelare il più possibile il minore.
In tal senso, quindi, è opportuno evitare l’eccessivo frazionamento delle visite costringendo il figlio a spostamenti continui da un luogo ad un altro con tutte le conseguenze che ne derivano, specie nel corso dell’anno scolastico.
La prassi è pertanto quella di garantire la presenza del minore presso il genitore non convivente magari un solo giorno durante la settimana e privilegiare il prolungamento nei fine settimana o nei periodi di vacanza da scuola.
Abitualmente, seppure ciò non costituisca una regola, si prevede che i figli restino con il genitore con il quale non convivano, un pomeriggio durante la settimana ed il fine settimana o due pomeriggi durante la settimana e non il fine settimana, alternativamente.
Si dà poi diritto al genitore non collocatario di tenere con sé i minori per periodi prolungati, anche di più settimane, durante le vacanze estive e/o natalizie.
In casi molto rari, del tutto eccezionali e che hanno come presupposto imprescindibile la residenza dei genitori nella medesima città, si prevede l’affidamento alternato, con presenza del minore per periodi più lunghi ed analoghi (una settimana, due settimane, un mese e così via) in successione presso il padre e presso la madre.
Ci possono essere degli aspetti “patologici” del diritto di visita? Sì.
NON CI RESTA CHE VEDERLI INSIEME
In alcuni casi, il diritto di visita può essere esercitato in modalità protetta, sotto la supervisione di un assistente sociale o di un altro professionista, qualora sussistano situazioni di conflitto o rischio per il minore. Questo tipo di visita è spesso temporaneo e viene adottato come misura di protezione fino a quando non venga ristabilito un clima di fiducia e sicurezza.
Il diritto di visita del padre può incontrare diverse problematiche. Spesso, le tensioni tra gli ex coniugi possono influire negativamente sul rapporto tra padre e figlio, portando a contenziosi legali e ostacoli nell’esercizio del diritto di visita. In questi casi, la mediazione familiare può rappresentare un valido strumento per aiutare i genitori a trovare accordi condivisi e a ridurre i conflitti.
Inoltre, la sindrome di alienazione parentale (PAS) è un fenomeno che può complicare ulteriormente la situazione. Si tratta di un processo attraverso il quale un genitore, consapevolmente o inconsapevolmente, influenza negativamente il minore nei confronti dell’altro genitore, danneggiando il legame affettivo. Il riconoscimento e la gestione di questa problematica richiedono l’intervento di professionisti esperti in ambito psicologico e legale.
Oltre agli aspetti “patologici” che abbiamo appena analizzato quello che dobbiamo chiederci, prima di concludere il seguente articolo, è se ci sono e quali sono le conseguenze del mancato esercizio del diritto di visita da parte del padre.
Può accadere che il padre non eserciti il proprio diritto di visita? Quali sono le conseguenze?
Se il padre non esercita il proprio diritto di visita ripetutamente, il giudice può far discendere da tale suo comportamento l’applicazione eccezionale dell’affidamento esclusivo in capo all’altro.
Pur non essendo il diritto di visita un diritto coercibile, infatti, ciò non vuol dire che il suo mancato esercizio non dia luogo ad alcuna conseguenza.
Anzi in casi estremi l’assenteismo del padre può comportare conseguenze anche più pesanti, vale a dire sia la decadenza della responsabilità genitoriale ai sensi dell’articolo 350 del codice di procedura civile, che la responsabilità penale per il reato di cui all’articolo 570 del codice penale (violazione degli obblighi di assistenza familiare), che, infine, l’obbligo al risarcimento del danno.
Il diritto in esame, infatti, rappresenta non solo un diritto ma anche un vero e proprio dovere nei confronti dei figli e dell’altro genitore.
Quindi anche nel caso in cui tra il figlio e il padre sussistano dei rapporti conflittuali, tale circostanza non è di per sé sufficiente a legittimare l’altro genitore a negare l’esercizio del diritto di visita. Se la situazione è gravemente compromessa, casomai, è possibile affidarsi a uno psicologo che aiuti nella corretta gestione della dinamica familiare.
In Conclusione
Il diritto di visita del padre rappresenta un elemento essenziale per il benessere del bambino, garantendo la continuità del legame affettivo con entrambi i genitori. La normativa italiana, ispirata al principio della bigenitorialità, cerca di bilanciare le esigenze di tutti i membri della famiglia, mettendo sempre al centro l’interesse superiore del minore. Tuttavia, la complessità delle relazioni familiari e le possibili tensioni post-separazione richiedono un approccio sensibile e flessibile, capace di adattarsi alle specifiche esigenze di ciascun caso, per assicurare che ogni bambino possa crescere in un ambiente sicuro e affettivamente ricco.
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