Nel panorama delle vicende familiari che giungono all’attenzione dei tribunali italiani, la sentenza del Tribunale di Napoli Nord rappresenta un esempio emblematico di come sia possibile affrontare la fine di un matrimonio con dignità e rispetto reciproco, anche quando la strada scelta è quella della separazione giudiziale.

Una storia di ventinove anni che si conclude serenamente
La vicenda riguarda una coppia che aveva celebrato il proprio matrimonio nell’anno 1996. Dopo ventinove anni di vita insieme e due figli ormai maggiorenni ed economicamente indipendenti, i coniugi hanno preso atto che la loro unione era giunta al termine naturale.
Il caso si distingue per l’assenza totale di conflittualità: entrambi i coniugi hanno riconosciuto che l’affectio coniugalis — quel legame affettivo che costituisce il fondamento del rapporto matrimoniale — era venuta meno a causa di incompatibilità caratteriali. Non si trattava di tradimenti, violenze o comportamenti gravi, ma semplicemente del naturale esaurirsi di un sentimento che aveva accompagnato la coppia per quasi tre decenni.
Il percorso giuridico: dalla separazione di fatto alla legalizzazione
Quando i rapporti tra coniugi si deteriorano irreversibilmente, la legge italiana offre diverse strade. Nel caso in esame, i coniugi vivevano già separati di fatto da tempo, ma hanno scelto di dare una veste legale alla loro situazione attraverso la separazione giudiziale.
La normativa di riferimento stabilisce che “la separazione può essere chiesta quando si verificano, anche indipendentemente dalla volontà di uno o di entrambi i coniugi, fatti tali da rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza”. Non è necessario che vi sia una colpa specifica di uno dei coniugi: è sufficiente che la convivenza sia diventata oggettivamente insostenibile.
Come ha chiarito la giurisprudenza consolidata, la separazione trova fondamento nell’accertamento di una situazione di intollerabilità della convivenza oggettivamente apprezzabile, senza che sia necessario individuare le specifiche cause delle incomprensioni matrimoniali.
Un procedimento semplificato grazie all’accordo
Il procedimento si è svolto con particolare linearità proprio grazie alla piena collaborazione tra le parti. Inizialmente, il marito ha presentato ricorso per la separazione senza formulare richieste accessorie. La moglie si è costituita senza opporsi alla domanda, anzi chiedendo anch’essa la separazione alle medesime condizioni.
Successivamente, con un’istanza congiunta, entrambi i coniugi hanno formalizzato la loro volontà di separarsi senza statuizioni accessorie, motivando tale scelta con la maggiore età e l’autosufficienza economica dei figli, nonché con la mancanza di redditi significativi da parte di entrambi.
All’udienza del luglio 2025, le parti hanno confermato la loro intenzione di non riconciliarsi, riportandosi agli accordi raggiunti. Il giudice delegato ha quindi rimesso la causa al collegio, come previsto dalla procedura, e il Pubblico Ministero ha espresso parere favorevole.
Il ruolo del Pubblico Ministero nelle separazioni
Un aspetto interessante del procedimento riguarda l’intervento del Pubblico Ministero, che nelle cause di separazione ha un ruolo di garanzia dell’interesse pubblico alla stabilità della famiglia. Come evidenziato dalla giurisprudenza recente, l’intervento del PM si considera regolarmente adempiuto mediante la tempestiva informazione dell’ufficio, non richiedendo necessariamente la partecipazione fisica alle udienze.
Nel caso in esame, il Pubblico Ministero ha espresso parere favorevole alla separazione, riconoscendo la fondatezza della richiesta e l’assenza di profili problematici.
Una separazione “pulita”: senza addebiti né conflitti economici
La caratteristica più significativa di questa vicenda è l’assenza totale di richieste accessorie. Non sono stati chiesti assegni di mantenimento, non vi sono state dispute sull’assegnazione della casa coniugale, non sono emerse questioni relative ai figli maggiorenni. Questa situazione ha permesso al Tribunale di limitarsi alla sola pronuncia di separazione personale, senza dover affrontare le complesse questioni economiche che spesso caratterizzano questi procedimenti.
Il Tribunale ha giustamente osservato che “non vi sono figli minori e/o maggiorenni ma non economicamente autosufficienti”, circostanza che ha reso superflua qualsiasi statuizione accessoria. La decisione di compensare integralmente le spese processuali riflette la natura consensuale della controversia e l’assenza di una vera e propria soccombenza.
Gli effetti della separazione: cosa cambia nella vita dei coniugi
Con la pronuncia della separazione, i coniugi cessano di avere l’obbligo di convivenza e fedeltà reciproca, pur rimanendo sposati. La separazione non scioglie il vincolo matrimoniale, ma sospende i doveri coniugali principali. Per arrivare al divorzio vero e proprio, sarà necessario attendere almeno dodici mesi dalla comparizione davanti al giudice nella procedura di separazione.
La sentenza dovrà essere trasmessa all’Ufficiale dello Stato Civile del Comune dove fu celebrato il matrimonio (nel caso specifico, Aversa) per l’annotazione prevista dalla legge, rendendo così opponibile a terzi lo stato di separazione.
Una lezione di civiltà giuridica
Questa vicenda rappresenta un esempio virtuoso di come sia possibile affrontare la fine di un matrimonio con maturità e rispetto reciproco. L’assenza di conflitti, la collaborazione processuale e la rinuncia a rivendicazioni economiche dimostrano che, anche nei momenti più difficili della vita familiare, è possibile mantenere un approccio costruttivo.
Il lavoro degli avvocati — lo studio legale Frezza per il marito — ha evidentemente contribuito a mantenere un clima sereno, guidando i propri assistiti verso una soluzione equilibrata e dignitosa.
La sentenza del Tribunale di Napoli Nord, pur nella sua essenzialità, rappresenta quindi non solo un atto giuridico, ma anche un esempio di come il diritto possa accompagnare le trasformazioni della vita familiare con rispetto e umanità, riconoscendo che non sempre la fine di un matrimonio deve necessariamente tradursi in un conflitto lacerante.
Avv. Francesco Frezza
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